L’attacco di Trump alla politica monetaria della Fed
Il presidente Donald Trump ha scelto ancora una volta la sua piattaforma Truth Social per lanciare un attacco diretto a Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, accusandolo di essere “troppo lento” nel tagliare i tassi di interesse. Non è la prima volta che Trump contesta le scelte di politica monetaria della banca centrale americana, ma le sue parole si inseriscono in un contesto più ampio di tensioni politiche ed economiche, sia interne che internazionali. La critica principale è che la Fed stia agendo in ritardo rispetto alle altre principali banche centrali, in particolare la Banca Centrale Europea.
Secondo Trump, Powell avrebbe dovuto già da tempo seguire la strada imboccata dalla BCE, che ha adottato una serie di tagli ai tassi per stimolare la crescita economica e combattere la disinflazione. I suoi commenti mirano a sottolineare come gli Stati Uniti, a suo dire, stiano perdendo un’opportunità di accelerazione economica a causa dell’immobilismo della Fed.
Il contesto internazionale: BCE e tassi d’interesse
Le mosse della BCE
Negli ultimi mesi, la Banca Centrale Europea ha effettivamente abbassato i tassi per sette volte consecutive, spinta dal rallentamento dell’inflazione nell’Eurozona e da una crescita economica fiacca in molti dei suoi Paesi membri. L’obiettivo dichiarato è stimolare il credito, sostenere la domanda interna e riportare l’inflazione verso l’obiettivo del 2%.
Il taglio dei tassi rappresenta una delle leve principali a disposizione di una banca centrale in una fase di rallentamento ciclico. Con i prezzi sotto controllo e un mercato del lavoro che, pur mostrando resilienza, segnala segni di stanchezza in alcune aree, la BCE ha agito con decisione, dimostrando flessibilità e un certo grado di pragmatismo.
Gli Stati Uniti e la posizione della Fed
Negli Stati Uniti, la situazione economica si presenta in modo più sfumato. Se è vero che alcuni indicatori mostrano un rallentamento dell’inflazione, è altrettanto vero che l’economia americana continua a crescere, seppure a ritmi più contenuti rispetto al biennio post-pandemico. Il mercato del lavoro resta sorprendentemente forte, con tassi di disoccupazione ancora molto bassi, e la spesa dei consumatori si mantiene sostenuta.
Jerome Powell e i suoi colleghi del Federal Open Market Committee hanno preferito adottare un approccio più cauto, optando per una pausa prolungata nel ciclo di rialzo dei tassi, ma senza cedere rapidamente alla tentazione di iniziare un percorso di tagli. La priorità della Fed rimane la stabilità dei prezzi, anche a costo di rallentare temporaneamente la crescita.
Il linguaggio di Trump e il peso politico della critica
Trump non è nuovo a dichiarazioni forti, e il tono usato nel suo messaggio su Truth Social conferma il suo stile diretto e polarizzante. Etichettare Jerome Powell come “Too Late” non è solo una provocazione, ma un tentativo di consolidare una narrazione politica in vista delle prossime elezioni. Il bersaglio è duplice: da un lato, si attacca la competenza tecnica della Fed, dall’altro si cerca di convogliare il malcontento di imprenditori e famiglie che faticano ad accedere al credito.
Il riferimento al calo dei prezzi del petrolio e dei generi alimentari, incluse le uova, suggerisce che secondo Trump ci sarebbero margini più che sufficienti per intervenire senza rischi inflazionistici. Anche le tariffe imposte durante la sua presidenza, e da lui difese, vengono inserite nel discorso come fonte di ricchezza per il Paese, sebbene la loro efficacia sia oggetto di ampio dibattito tra economisti.
Powell tra indipendenza e pressione politica
La tradizione di indipendenza della Fed
Storicamente, la Federal Reserve ha sempre cercato di mantenere una linea di indipendenza rispetto al potere esecutivo. La credibilità della banca centrale si fonda proprio sulla sua capacità di prendere decisioni tecniche, guidate dai dati economici e non da logiche politiche. Powell, come i suoi predecessori, ha più volte ribadito questo principio, sottolineando che le scelte di politica monetaria devono rispondere a obiettivi di lungo termine.
Le pressioni politiche, tuttavia, non sono una novità. Già negli anni ’70 e ’80 presidenti come Nixon e Johnson tentarono di influenzare la Fed per ottenere condizioni monetarie più favorevoli. La differenza, oggi, è che i canali di comunicazione sono più diretti, e i social media amplificano ogni dichiarazione presidenziale.
Le implicazioni per i mercati
Le parole di Trump possono influenzare le aspettative dei mercati, soprattutto se accompagnate da un clima di incertezza sulle prossime mosse della Fed. Gli investitori cercano segnali coerenti da parte della banca centrale, e ogni dubbio sulla sua indipendenza può aumentare la volatilità sui mercati obbligazionari e valutari.
Nonostante ciò, finora Powell ha mantenuto la rotta, cercando di evitare reazioni impulsive a commenti politici. La sfida sarà continuare a farlo anche in un anno potenzialmente decisivo sul piano elettorale.
Il vero stato dell’economia americana
Inflazione in raffreddamento, ma non sconfitta
I dati recenti mostrano un raffreddamento dell’inflazione rispetto ai picchi del 2022, ma il percorso verso la stabilizzazione è ancora in corso. Alcuni settori continuano a registrare pressioni sui prezzi, specialmente quelli legati ai servizi, mentre altri – come l’energia – mostrano una tendenza opposta.
Il mandato della Fed richiede il raggiungimento di due obiettivi: la stabilità dei prezzi e la massima occupazione. Raggiungere entrambi contemporaneamente non è semplice, e richiede una lettura attenta dei segnali contrastanti che emergono dai dati macroeconomici.
Crescita e consumi resilienti
Nonostante gli alti tassi, l’economia americana ha mostrato una resilienza notevole. I consumi, che rappresentano oltre due terzi del PIL, restano robusti. La fiducia dei consumatori si è ridotta rispetto ai massimi, ma non è crollata. Anche gli investimenti delle imprese, pur frenati dal costo del denaro, non sono evaporati.
Questa tenuta contribuisce a spiegare perché la Fed non abbia fretta di tagliare i tassi. Un allentamento prematuro rischierebbe di riaccendere l’inflazione, compromettendo gli sforzi fatti finora.
Trump e la strategia elettorale legata all’economia
Il tasso di interesse come strumento politico
Per Trump, la politica monetaria è uno degli strumenti retorici più potenti in vista delle elezioni. Presentarsi come il candidato della crescita e del credito facile è una mossa strategica, soprattutto in un contesto in cui molte famiglie americane sentono il peso dei mutui e del credito al consumo.
Il tentativo è chiaro: costruire un racconto in cui l’attuale amministrazione, e con essa la Fed, sta frenando lo slancio dell’economia. Il paragone con la BCE serve a rinforzare l’idea che ci sia un’altra via possibile, più aggressiva e favorevole agli interessi dei cittadini.
Le possibili reazioni dell’elettorato
Una parte dell’elettorato potrebbe accogliere con favore queste dichiarazioni, soprattutto quella che sente di aver perso potere d’acquisto negli ultimi anni. Tuttavia, una fetta altrettanto importante resta preoccupata dai rischi inflazionistici, memore del recente passato.
Trump scommette su una narrazione economica semplice e diretta, capace di mobilitare il consenso. Ma la complessità delle dinamiche economiche potrebbe rendere questo approccio meno efficace del previsto, soprattutto se l’inflazione dovesse risalire in seguito a un allentamento prematuro della politica monetaria.
Il futuro della Fed e il nodo del rinnovo di Powell
Il mandato di Jerome Powell scadrà tra poco più di un anno, e le parole di Trump suggeriscono che, in caso di rielezione, il rinnovo non sarà nemmeno preso in considerazione. Questo apre scenari significativi per il futuro della banca centrale americana.
L’eventuale nomina di un nuovo presidente della Fed, più vicino alle posizioni di Trump, potrebbe segnare un cambio di paradigma, orientato a una politica monetaria più espansiva, anche a costo di mettere in discussione l’autonomia dell’istituzione.
Il dibattito è aperto, e coinvolge non solo economisti e investitori, ma anche tutti quei cittadini che, direttamente o indirettamente, subiscono le conseguenze delle decisioni prese in seno alla Federal Reserve.
Considerazioni finali
Trump ha rilanciato la sua campagna attaccando la Fed e accusandola di essere il freno dell’economia americana. Powell, da parte sua, continua a perseguire la stabilità dei prezzi con un approccio cauto e graduale. Le prossime settimane saranno cruciali per capire se la Fed cederà alle pressioni o se manterrà il proprio percorso, guidato dai dati e non dalle opinioni.
Nel frattempo, i mercati osservano, valutano e reagiscono. E come sempre, saranno i fatti, non le parole, a determinare il corso della politica monetaria e il destino dell’economia americana.
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